Come discusso nella recente Annual Research Review di Ng & Weisz (2016) -pubblicata sul Journal Of Child Psychology and Psychiatry- nell’ultimo decennio, si assiste al passaggio da un approccio evidence based a una medicina personalizzata, che sta gradualmente interessando anche l’ambito della salute mentale.
Per anni, la ricerca e la pratica clinica hanno affrontato “scientificamente” il tema dell’efficacia degli interventi incontrandosi nell’obiettivo comune di definire dei protocolli psicoterapeutici sempre più tecnici e standardizzati. I trattamenti evidence based enfatizzano il valore dei risultati prodotti dalla ricerca scientifica (risultati dei trials clinici randomizzati) e dalle meta-analisi sugli outcomes dei trattamenti nei processi di decisione clinica (Jensen-Doss, 2015; Ng & Weisz, 2016).
Diversamente, l’approccio degli interventi personalizzati (taylored) mira a creare dei piani di trattamento sempre più efficienti ed efficaci per ogni paziente, a partire dalle sue caratteristiche individuali. La terapia personalizzata implica un “passo in avanti” poiché utilizza dati empirici e clinici per progettare dei piani di intervento terapeutico sul singolo individuo, superando la generalizzazione precedente (Ng & Weisz, 2016).
Gli approcci personalizzati possono fondarsi su l’utilizzo di psicoterapie, di psicofarmaci e di altri metodi considerati efficaci (ad esempio la deep brain stimulation), valutando la possibilità di combinarli. Questa tipologia di interventi è estremamente flessibile anche perché viene di volta in volta modellata sulla risposta del paziente al trattamento. Gli autori della rassegna descrivono otto temi attuali della crescente evidence-base sugli interventi personalizzati, a partire dall’ambito della psicoterapia del bambino e dell’adolescente. Ad esempio, vengono descritte le Therapies Targeting Youths’ Environments, condotte parzialmente all’interno dei contesti di vita del ragazzo, a partire da obiettivi individualizzati e strategie taylored e le Terapie modulari.
Come sottolineano Lindhiem, Kolko & Chang (2012) nella pratica clinica è riduttivo, infatti, considerare soltanto degli indici statistici che emergono da un approccio evidence-based, che esprimono l’efficacia media di un trattamento. Questi indici consentono infatti di rispondere esclusivamente alla domanda “qual è il beneficio medio?”, lasciando irrisolto il quesito più importante: “quali sono le probabilità che l’intervento sia efficace su quell’individuo?”.
Il limite degli interventi personalizzati è che risultano di più difficile implementazione all’interno della pratica clinica: non basandosi esclusivamente su protocolli strutturati, prevedono infatti una continua revisione a seconda dell’outcome di ogni incontro/seduta. Ng e Weisz (2016) propongono tre soluzioni per superare tali criticità: creare un data-base dei risultati delle ricerche sull’efficacia di trattamenti personalizzati, costruire una cornice di riferimento dalla quale partire per impostare l’intervento individualizzato e, infine, offrire una formazione adeguata ai clinici per favorire l’applicazione di tali interventi.
Per approfondire l’argomento, abbiamo condiviso nell’area riservata del nostro sito gli articoli scientifici di cui abbiamo discusso (vedi STAYALERT nell’area riservata).