In ambito neurologico i disturbi del movimento comportano una grave riduzione dell’autonomia personale rendendo impossibile per il soggetto affetto da questo disturbo la normale vita quotidiana.
I disturbi motori hanno diversa eziologia: possono essere conseguenza di gravi lesioni cerebrali (Ictus o traumi cranici), secondari a lesioni del midollo spinale e conseguenza di malattie degenerative o infettive del sistema nervoso centrale.
Il paziente, spesso, è costretto ad utilizzare una sedia a rotelle per la mobilità e richiede il supporto costante di un caregiver. Le terapie neuromotorie sono state sviluppate per recuperare le competenze motorie perdute in seguito ai vari tipi di lesione.
La tecnologia robotica può essere utilizzata per automatizzare parzialmente alcuni schemi motori utilizzati durante il training di riabilitazione, attraverso la loro capacità di produrre forza programmabile , sono in grado di replicare alcune delle caratteristiche di intervento manuale di un fisioterapista e quindi permettere ai pazienti di praticare movimenti in modo semi-autonomo.
L’impiego di dispositivi robotici in riabilitazione è documentato fin dal 1980, fino all’uscita dei primi esoscheletri a partire dal 2000.
Grazie alla robotica è stato possibile affrontare le patologie, trasformarle in normalità e consentire al paziente di tornare nel proprio contesto con l’ausilio delle più innovative tecnologie che si sono rivelate particolarmente efficaci per il recupero degli arti inferiori e superiori.
Gli esoscheletri sono dei robot indossabili che permettono una deambulazione organizzata gerarchicamente a seconda dei progressi del paziente in fase riabilitativa.
I Sistemi robotici possono genericamente essere suddivisi in due grandi categorie: end-effector e esoscheletri. Con i sistemi end-effector, i pazienti lavorano con uno strumento definito “manipulandum” che sperimenta forze motorie robot-imposte. Tutte le forze e le misure sono pertanto in una sola interfaccia, che ha il vantaggio di una facile configurazione per i pazienti di dimensioni differenti del corpo. Con i sistemi Esoscheletro, l’arto viene racchiuso in una tuta robotica, conforme alla configurazione dell’arto. Mentre l’arto di un soggetto può essere limitato in un sistema end- effector per specificare una configurazione arto (ad esempio, braccio di guida), la flessibilità meccanica del tipo esoscheletro consente la piena specificazione nella configurazione dell’arto sia per le forze da applicare, sia nel range del movimento, nella raccolta dei dati e inoltre il paziente ha un feedback immediato del lavoro svolto attraverso un interfaccia, che in ogni istante può essere modificata dall’operatore. I sistemi Esoscheletro hanno il vantaggio che le forze applicate possono essere misurate per ogni singolo movimento e in modo indipendente.
Nella riabilitazione mediante “macchine” il ruolo del paziente è fondamentale: gli viene chiesto di eseguire un atto volontario e può usufruire di input senso-motori e cognitivi, oltre al proprio movimento volontario: stimoli sensitivi superficiali, stimoli propriocettivi statici e dinamici, stimoli visivi (osservazione del proprio gesto – del target da raggiungere – degli eventuali miglioramenti); stimoli motivazionali (consapevolezza di praticare la terapia autonomamente – di essere sottoposto a trattamento tecnologicamente avanzato e potenzialmente più efficace). Sono quindi da preferire le macchine esoscheletriche per il trattamento di pazienti che presentano abilità residue molto basse all’inizio della terapia, soprattutto per il trattamento di pazienti con deficit motori derivanti da patologie neurologiche.
L’efficacia deve essere riferita non tanto alla tecnologia utilizzata ma alla tipologia di malattia trattata con un determinato apparecchio robotico: il robot deve cioè essere valutato in relazione al tipo di patologia da trattare ma soprattutto deve essere tarato sul soggetto utilizzatore: sta assumendo,infatti, un ruolo sempre più importante l’identità personale del soggetto sottoposto alla riabilitazione con robot.
Anche la personalità premorbosa del paziente svolge un ruolo discriminante per la possibilità di uso della tecnologia: studi a riguardo stanno ponendo l’accento su come l’essere nel mondo personale si adatti o meno alla terapia neuroriabilitativa robotica. (Milia et al.,2017)
La disabilità limita severamente la capacità dell’individuo di svolgere attività della vita quotidiana, limitano la partecipazione sociale e quindi la qualità della vita e l’umore (Suzuki et al., 2005). E ‘stato riportato infatti che il 23-35% della popolazione affetta da esiti di lesioni midollari hanno livelli elevati di ansia e circa il 35-38% hanno elevati livelli di depressione. (Chevalier, Kennedy, e Sherlock 2009 ).
Nell’ambito delle neuroscienze cognitive è noto come esistano aree cerebrali selettive che elicitano la percezione corporea: ad esempio l’EBA (Extrastriate Body Area) risulta essere centrale nella sola percezione delle singole parti corporee, mentre l’FBA (Fusiform Body Area) è l’area cerebrale dedicata alla codifica strutturale del corpo. (Dowining, Paul E., et al. 2001) (Peelen, Marius V., et al. 2005) .
La riabilitazione robotica, nello specifico quella con esoscheletro, riattiva le aree motorie cerebrali di paripasso ai miglioramenti funzionali del soggetto: i pazienti con lesione spinale, infatti, hanno una non adeguata percezione sensori-motoria del corpo; l’esoscheletro induce miglioramenti in questa direzione, oltre che a livello strettamente motorio, confermando la centralità dell’essere a scapito del corpo inteso come macchina. (Sczesny-Kaiser,M., et al. 2015) (Sczesny-Kaiser, M., et al. 2013).
Uno studio recente inoltre mette in evidenza come l’utilizzo di robot riduca le patologie del tono dell’umore secondarie a lesione midollare ma anche come le personalità premorbose influiscano nell’outcome con riabilitazione robotica. (Milia et al.,2017) (Bragoni M., Paolucci S. et al, 2014)
Oltre al noto contesto di riferimento neuromotorio è necessario sottolineare come le neuroscienze cognite e la filosofia confermino la bontà della tecnologia associata al recupero dell’autonomia; il superamento del dualismo Cartesiano che intendeva mente e corpo come oggetti divisi è alla base della neuropsicologia e dell’approccio psicologico alla malattia neurologica.
Damasio nel noto trattato “L’errore di Cartesio” afferma che La coscienza di sé emerge dalla coscienza che si ha del proprio corpo; noi siamo, e quindi pensiamo: il pensiero è allora causato dalle strutture e dalle attività dell’essere”: ciò è alla base dell’approccio neuropsicologico alla riabilitazione neurologica confermando l’unità di mente e corpo considerando quindi l’uomo come agente nel mondo e non come entità astratta da questo.
Nello specifico della riabilitazione del passo con robot, è evidente come il rapporto di causalità tra essere e mondo sia centrale; Lewis Strauss nel suo trattato “Sull’ossessione” evidenzia come il corpo sia il mediatore tra l’IO e il mondo. La stazione eretta, prosegue Strauss, è un rapporto di forza fisico-meccanica con il mondo fondamentale per l’incontro con l’altro: la condizione umana è radicata nella posizione eretta e nel movimento di conseguenza soltanto un essere incarnato e in azione può porsi in relazione con il mondo . (Strauss,1966).
E’ evidente come la neuroriabilitazione sia una pratica multidisciplinare con molteplici riferimenti teorici.
In questo campo si inserisce prepotentemente la tecnologia che, in questo caso, è perfettamente complice della persona, aumentando le possibilità di recupero e la conseguente qualità della vita.